La Cina una potenza economica con la passione per l’Italia.
L’acquisto del FC Internazionale, l’Inter, e la trattativa per l’acquisizione del 70% dell’ AC Milan rappresentano solo la punta dell’icebreg dello shopping cinese in Italia. Analizzando i dati balza all’occhio come la Cina abbia investito nello “Stivale” oltre 15 miliardi di euro, arrivando a controllare 313 imprese: dalla finanza (Medio Banca, Unicredit e intesa Sanpaolo), alla moda, dalle infrastrutture (Cdp Reti), all’agroalimentare e allo sport.
Successivamente all’introduzione della riforma economica, data 1978, la Cina è diventata la il paese con lo sviluppo economico più veloce al mondo, primo esportatore nel 2008 e maggior importatore di merci nel 2010.
Bisogna sottolineare che l’importanza che riveste la Cina, nel ventunesimo secolo, è dettata dal suo ruolo di prima potenza economica per PIL; inoltre è membro fondatore delle Nazioni Unite, ricoprendo anche il ruolo di membro permanente, quindi con diritto di veto. La Cina fa parte del SCO, dell’OMC, dell’APEC, ASEAN del G2 e del G20; la Cina, insieme a Brasile, Russia, India e Sudafrica, fa parte dei BRICS.
Per tornare al punto centrale, questa scelta di puntare sul calcio può essere vista come mossa di marketing: imporsi con forza nell’arena mediatica, sotto la luce dei riflettori, come potenza economica; un messaggio chiaro sulla forza, le intenzioni e la strategia economica cinese.
La nostra penisola negli ultimi anni è diventata terra di shopping per imprenditori e fondi istituzioni; i gruppi investitori cinesi in Italia sono cresciuti del 32%, con 162 gruppi con sede a Pechino che alla fine del 2015 erano azionisti di società italiane, dalla moda all’agroalimentare, dalla finanza allo sport. La Cina si è focalizzata sull’Italia e sulle società italiane, dove gli investimenti cinesi raggiungono ormai il valore di 17 miliardi, una cifra che fa della penisola italiana il secondo paese europeo per dimensione di spesa dopo la Gran Bretagna e davanti alla Francia.
Questa strategia è iniziata nel 2010, quando i capitali cinesi hanno cominciato a riversarsi in tutto il vecchio continente. Sei anni fa il totale degli investimenti diretti ammontava a soli 6 miliardi; già nel 2012 gli investimenti cinesi in Ue sono quadruplicati, ma la cosa sorprendente è che continuano a crescere come dimostrano le ultime acquisizioni.
Il settore che più attira le attenzioni cinesi è quello dell’energia e delle infrastrutture; sono però sensibili anche alle telcomunicazioni, alla finanza, al settore manifatturiero, al lusso, alla moda, all’agroalimentare, automotive e sport. Un vero interesse trasversale che fa dell’italia pietanza prelibata per gli investitori cinesi.
Concludendo, in una economia globale, come quella odierna, non ci si può stupire dello “shopping” cinese in Italia. È evidente come siano cambiati gli assetti e gli equilibri economici e geopolitici mondiali.
Oggi internazionalizzazione, fusioni, acquisizioni, delocalizzazione produttiva sono le nuove frontiere dell’economia mondiale.
Le vecchie forme sono superate, oggi il mercato globale, l’economia internazionale ha nuove regole e nuovi interpreti.
In questo scenario le imprese italiane sono chiamate ad un rinnovamento strategico e culturale necessario per tentare di mantenersi competitive, appetibili e interessanti in questa complessa competizione mondiale.