La fatica del Made in Italy nei mercati emergenti

bricsSecondo i dati contenuti in un report di Unicredit le aziende italiane faticano ad imporsi sui mercati emergenti, che al momento, nonostante il rallentamento, garantiscono le migliori opportunità di crescita con i nuovi consumatori pronti a domandare beni e servizi.

I prodotti del Made in Italy faticano a sfondare in Cina, dove francesi e anche tedeschi si impongono con forza.

Prodotti come il cibo e il vino, da sempre fiore all’occhiello dell’Italia, stanno faticando molto per affermarsi sui mercati emergenti, stupendo gli analisti.

Gli economisti di Unicredit si sono concentrati proprio sui mercati emergenti, analizzando che nel dopo Brexit potrebbero giocare un ruolo da protagonisti. Già oggi, infatti, i mercati emergenti valgono il 40% circa dell’import globale. Anche per questo motivo è lecito pensare che ci siano buone occasioni per le aziende esportatrici occidentali, in particolare per quelle imprese specializzate nella produzione e nell’export di beni di consumo.

Nel report appare chiaro che la Cina è il maggior mercato per tutti i segmenti industriali analizzati (auto, macchinari, cibo, abbigliamento, mobili e servizi), mentre Russia, pur penalizzata dalle sanzioni, e Messico si piazzano al secondo posto nella scala delle preferenze.

I dati del report dovrebbero essere dei campanelli d’allarme per l’Italia. Se la Germania è la meglio posizionata in quasi tutti i settori e le aree geografiche, l’Italia deve migliorare la capacità di penetrazione nei mercati asiatici in industrie quali “cibo e bevande, “automobili” e “macchinari”. In parole povere, la dieta mediterranea e le eccellenze alimentari della Penisola hanno molta strada da fare. Il Made in Italy continua ad essere forte sull’abbigliamento.

Il segmento food, tra i segmenti presi in analisi, rappresenta il tasto più dolente, forse perché coglie di sorpresa gli analisti. Stupisce, però, vedere che nel complesso sono i tedeschi, oltre ai francesi, a darci lezioni.

Tirando le somme l’Italia, in particolare il cibo italiano massima espressione del Made in Italy, deve darsi da fare per recuperare terreno e conquistare il posto che gli spetta sulle tavole più interessanti del futuro.

Brexit: Rischi e Opportunità

L’inaspettato risultato referendario sulla Brexit ha creato non pochi problemi e scompensi ad un’economia internazionale in lenta ripresa.

È stato uno scossone che ha già avuto conseguenze tangibili e che avrà ripercussioni sostanziali sulla crescita e sulla stabilità economica dell’Eurozona.

Analizziamo meglio la Brexit cercando di capire gli effetti e le opportunità di questa decisione che ha fatto tremare l’Unione Europea.

Se la Brexit ha un effetto negativo sull’economia internazionale, rallentando la crescita economica europea, mettendo in crisi il sistema bancario, creando incertezza e paura sui mercati, dal punto di vista italiano questo tsunami può avere anche dei risvolti positivi; la Brexit può essere vissuta come un’occasione, una opportunità da sfruttare sia economicamente che politicamente.

La Brexit è e sarà la causa di una vera e propria diaspora di multinazionali e autorità comunitarie; questa situazione può rappresentare una ghiotta e vantaggiosa occasione per l’Italia e per altri Stati come Francia e Germania.

Autorità come l’EMA (European Medicines Agency) o l’EBA (European Banking Autohority) rappresentano obiettivi reali e importanti e l’Italia si sta già attrezzando per accoglierle.

Ma la “strategia dell’accoglienza”, pensata dall’Italia per sfruttare il momento particolare, non è volta solo ad attirare enti pubblici e comunitari, ma è diretta anche alle aziende e alle multinazionali, attraverso vantaggi fiscali, creando aree di fiscalità agevolata, per esempio a Milano nell’area EXPO.

infografica-brexit

M&A e PMI in Italia

M&ALe operazioni di M&A, sempre più frequenti oggi, rappresentano soprattutto per le imprese italiane uno strumento di vantaggio competitivo.
Quando si parla di Merger si intende una fusione vera e propria e con tale operazione le società partecipanti alla fusione cessano la loro esistenza giuridica per far confluire i loro patrimoni in una nuova società. Quando si parla di Acquisition ci si riferisce a quella forma di fusione per incorporazione in cui una società, l’incorporante, mantiene la propria identità giuridica annettendo altre società che cessano di esistere; in questo caso quindi non nasce una nuova società.

Il sistema imprenditoriale italiano è caratterizzato, da sempre, dalla presenza di un numero rilevante di PMI che, proprio grazie alle loro dimensioni ridotte, si sono sempre adattate bene ai mutamenti del mercato. Oggi il mercato e l’ambiente economico sono totalmente cambiati e queste caratteristiche, tipiche delle imprese italiane, non garantiscono più lo stesso risultato.
Il mercato italiano del M&A, in questo 2016, sta crescendo, anche se il ciclone Brexit rischia di spazzare via alcune operazione, specialmente quelle di grosse dimensioni. Secondo Kpmg nel primo semestre, il mercato M&A in Italia, ha registrato 298 operazioni raggiungendo un valore stimato di 25,3 miliardi di euro. Questi sono dati importanti, rispetto al primo semestre 2015 si registra un + 47%. Max Fiani, partner Kpmg, sottolinea, come riporta il Sole 24 Ore, che il risultato è sicuramente influenzato dall’incidenza di pochi grandi deal ma occorre ugualmente evidenziare che il risultato raggiunto è il migliore dal 2008.
Tra le operazioni più significative ci sono state l’acquisizione di Italcementi da parte di Heidelberg e quella di Rhiag da parte di Lkq, dimostrando ancora una volta l’interesse, sul mercato, degli investitori esteri per l’Italia.

Per quanto riguarda le acquisizioni italiane all’estero si contano 48 operazioni, una su tutte l’acquisizione, da parte di Lavazza, della francese Carte Noire. Il segmento Italia su Italia, contando 145 operazioni chiuse, dimostra di essere dinamico e in crescita; il settore bancario è sicuramente quello più attivo.

La crescita dimensionale delle PMI è un imperativo strategico per le aziende italiane, alla ricerca di un vantaggio competitivo. Ed è proprio per questo motivo che oggi diventa maggiormente importante, per le PMI italiane, puntare sulla crescita per linee esterne, ovvero puntare su operazioni di M&A.

Internazionalizzazione: una nuova sfida economica

exportIn un mondo sempre più interconesso e connesso, in un mercato sempre più globale dove l’economia internazionale influisce fortemente sulle scelte e sulle dinamiche nazionali appare evidente come le esportazioni e processi di internazionalizzazione delle imprese rappresentino sempre di più scelte strategiche attraenti.

I vantaggi, le opportunità e gli obiettivi che sono alla base dell’internazionalizzazione sono ormai chiari: cercare di ottenere all’estero i risultati raggiunti in casa o migliorarli, aumentare il vantaggio competitivo in patria, sviluppare un maggior attitudine ai cambiamenti, aggredire nuovi mercati, sempre alla ricerca di terreni fertili e nuove piazze in espansione.

Quando si parla di internazionalizzazione non ci si può limitare a considerare solo le opportunità e i vantaggi, ma vanno tenuti a mente i rischi e le minacce a cui si può andare in contro. Da questo punto di vista concorrenza e competizione rappresentano i pericoli più grandi.
Quando si pianifica un’azione di internazionalizzazione è necessario puntare sulla valorizzazione dei punti di forza, studiare bene e conoscere i punti deboli, il target di riferimento e il mercato che si vorrà aggredire.

Nel processo di internazionalizzazione svolge un ruolo fondamentale, se non addirittura indispensabile, il professionista, il consulente, che attraverso la sua expertise guida e organizza tutte le fasi: dalla strategia, alla pianificazione, occupandosi anche della ristrutturazione aziendale.

Spesso, per proporsi sul mercato estero con un progetto più articolato rispetto all’export, diventa necessario attuare una trasformazione strutturale: dall’assetto, all’organizzazione, alle modalità operative, fino alle logiche aziendali.

Come abbiamo detto internazionalizzando, l’impresa entra a far parte del mercato globale giocando una partita sicuramente più ambiziosa ma più complessa, è importante che si tengano presenti le opportunità ma anche i rischi e le problematiche che si possono incontrare.

Ed è per questo motivo che durante la pianificazione di un strategia di internazionalizzazione è fondamentale studiare i competitor, comprendere il mercato, il target, definendo limiti e potenzialità; raccogliere informazioni sul “paese target” e svolgere accurate ricerche di mercato.
Solitamente, durante l’impostazione di un’azione volta all’internazionalizzazione, si riscontrano problemi come la carenza di elaborazione strategica, difficoltà nel problem solving, risorse e competenze manageriali limitate, ed è solo la professionalità e l’esperienza di un professionista che più colmare le lacune e mettere ordine.

Il consulente rappresenta una figura fondamentale in questo processo: conosce il mercato, le dinamiche, i rischi e le opportunità, evitando all’imprenditore di commettere errori nelle fasi iniziali; è la figura professionale che analizza nel dettaglio i punti di forza: la qualità del prodotto, il know how e studia i punti di debolezza cercando di tramutarli in punti forti.

Artigianalità e mestieri antichi: un gioiello da riscoprire

serafini_ospiteIn questo intervento vengono affrontante due tematiche importanti, utili per comprendere meglio la situazione economica e lavorativa attuale; un momento di riflessione per cercare di orientarsi all’interno della competizione globale, dell’economia internazionale, della globalizzazione e dell’internazionalizzazione.

La prima tematica che viene affrontata è quella dell’invecchiamento del lavoro, inteso come superamento delle competenze, delle capacità lavorative e delle funzioni aziendali.
Ci sono professioni che, secondo studi internazionali, invecchiano mediamente ogni due anni, ma ce ne sono altre dove l’innovazione gioca un ruolo importante che il tempo di invecchiamento si riduce a sei mesi. Questi dati rispecchiano fedelmente la situazione attuale, uno scenario che si ripercuote su ognuno di noi e su tutte le figure professionali.
Alla luce di questo risulta oggi necessario, in questo contesto economico internazionale, per mantenersi competitivi, una continua formazione professionale, un continuo aggiornamento e un upgrade delle skills per rimanere al passo con i cambiamenti, in un mercato in continua evoluzione, riuscendo ad essere competitivi a livello globale.

La secondo tematica analizzata è altrettanto importante, in particolar modo se declinata nel contesto italiano, ed è l’importanza del recupero dell’artigianalità, delle arti manifatturiere e dei mestieri “antichi”.

Appare chiaro come negli ultimi vent’anni in Italia si stiano perdendo artigianalità e competenze manifatturiere. Stiamo smarrendo quelle capacità tipiche e tradizionali, arti e mestieri che hanno fatto grande l’Italia nel mondo.

La presenza di istituti professionali, scuole e corsi di formazione sembra non bastare a colmare questo pericoloso vuoto. Diventa importante pianificare, investire risorse economiche e strategiche per recuperare queste professioni, erroneamente considerate da qualche “ben pensante” umili e poco stimolanti.
Incentivare e investire nella professionalizzazione, nel lavoro manuale e artigianale dev’essere l’obiettivo, recuperando quelle competenze che rappresentano da secoli l’italianità nel mondo, quel know how tanto invidiato ma soprattutto tanto pagato.

La Cina fa acquisti in Italia

cina_bandieraLa Cina una potenza economica con la passione per l’Italia.

L’acquisto del FC Internazionale, l’Inter, e la trattativa per l’acquisizione del 70% dell’ AC Milan rappresentano solo la punta dell’icebreg dello shopping cinese in Italia. Analizzando i dati balza all’occhio come la Cina abbia investito nello “Stivale” oltre 15 miliardi di euro, arrivando a controllare 313 imprese: dalla finanza (Medio Banca, Unicredit e intesa Sanpaolo), alla moda, dalle infrastrutture (Cdp Reti), all’agroalimentare e allo sport.

Successivamente all’introduzione della riforma economica, data 1978, la Cina è diventata la il paese con lo sviluppo economico più veloce al mondo, primo esportatore nel 2008 e maggior importatore di merci nel 2010.
Bisogna sottolineare che l’importanza che riveste la Cina, nel ventunesimo secolo, è dettata dal suo ruolo di prima potenza economica per PIL; inoltre è membro fondatore delle Nazioni Unite, ricoprendo anche il ruolo di membro permanente, quindi con diritto di veto. La Cina fa parte del SCO, dell’OMC, dell’APEC, ASEAN del G2 e del G20; la Cina, insieme a Brasile, Russia, India e Sudafrica, fa parte dei BRICS.

Per tornare al punto centrale, questa scelta di puntare sul calcio può essere vista come mossa di marketing: imporsi con forza nell’arena mediatica, sotto la luce dei riflettori, come potenza economica; un messaggio chiaro sulla forza, le intenzioni e la strategia economica cinese.

La nostra penisola negli ultimi anni è diventata terra di shopping per imprenditori e fondi istituzioni; i gruppi investitori cinesi in Italia sono cresciuti del 32%, con 162 gruppi con sede a Pechino che alla fine del 2015 erano azionisti di società italiane, dalla moda all’agroalimentare, dalla finanza allo sport. La Cina si è focalizzata sull’Italia e sulle società italiane, dove gli investimenti cinesi raggiungono ormai il valore di 17 miliardi, una cifra che fa della penisola italiana il secondo paese europeo per dimensione di spesa dopo la Gran Bretagna e davanti alla Francia.

Questa strategia è iniziata nel 2010, quando i capitali cinesi hanno cominciato a riversarsi in tutto il vecchio continente. Sei anni fa il totale degli investimenti diretti ammontava a soli 6 miliardi; già nel 2012 gli investimenti cinesi in Ue sono quadruplicati, ma la cosa sorprendente è che continuano a crescere come dimostrano le ultime acquisizioni.

Il settore che più attira le attenzioni cinesi è quello dell’energia e delle infrastrutture; sono però sensibili anche alle telcomunicazioni, alla finanza, al settore manifatturiero, al lusso, alla moda, all’agroalimentare, automotive e sport. Un vero interesse trasversale che fa dell’italia pietanza prelibata per gli investitori cinesi.

Concludendo, in una economia globale, come quella odierna, non ci si può stupire dello “shopping” cinese in Italia. È evidente come siano cambiati gli assetti e gli equilibri economici e geopolitici mondiali.

Oggi internazionalizzazione, fusioni, acquisizioni, delocalizzazione produttiva sono le nuove frontiere dell’economia mondiale.
Le vecchie forme sono superate, oggi il mercato globale, l’economia internazionale ha nuove regole e nuovi interpreti.
In questo scenario le imprese italiane sono chiamate ad un rinnovamento strategico e culturale necessario per tentare di mantenersi competitive, appetibili e interessanti in questa complessa competizione mondiale.

Acquisizioni: l’Italia vista dall’estero

serafiniChi, come Serafini, si occupa di consulenze aziendali, di acquisizioni e fusioni, di internazionalizzazione ha le competenze e le conoscenze necessarie  per rilevare la percezione che all’estero hanno dell’Italia, dal punto di vista imprenditoriale, economico e industriale.

Serafini nella sua disamina parte da un dato certo: l’Italia, oggi, è diventata un obiettivo, quasi una “terra di conquista”, sia a livello industriale che imprenditoriale.

L’Italia è una terra ricca di eccellenze e di realtà imprenditoriali, produttive e artigianali di rilevanza internazionale. 
Senza fare l’elenco dei distretti produttivi e dei prodotti d’eccellenza, si può affermare che l’Italia possiede un know how importante in diversi settore, che la rende assolutamente attrattiva a livello imprenditoriale.

È proprio per questo motivo che le società di consulenza aziendale, in questo caso lo Studio Serafini, ricevono dalle imprese estere richieste di acquisizioni di imprese italiane.

Secondo Serafini, il concetto imprenditoriale, esclusivamente italiano, del “piccolo è bello, se cresce” risulta, in questo mercato globale, totalmente anacronistico; basti pensare, a tal proposito, che le imprese italiane si devono quotidianamente scontrare con imprese decisamente più grandi e strutturate.

Nel mercato globale la mera vendita del prodotto, nella maggior parte dei settori, risulta obsoleta e anacronistica. Il mercato estero non è più, soltanto, alla ricerca del prodotto italiano, a meno che il prodotto in questione non sia un’eccellenza. Oggi è il know how ad essere richiesto e venduto all’estero. Vendere il prodotto, trasportarlo all’estero, anche dal punto di vista puramente economico e di costo, diventa insostenibile e privo di una reale finalità commerciale e imprenditoriale.

Quando però si parla di Made in Italy la situazione è completamente diversa. In questo caso la produzione deve avvenire necessariamente in Italia per non perdere la territorialità, che rappresenta il valore aggiunto, e tutte quelle caratteristiche intrinseche che fanno di un prodotto un’eccellenza italiana.

Tirando un po’ le fila del discorso, si può sostenere che il valore aggiunto dell’Italia è la competenza, il saper fare e l’artigianalità, ed è proprio questo know how che viene richiesto all’estero.

 

Sviluppo economico e imprenditoriale in Italia

manager_imprenditoreDurante la puntata di Spazio Economia l’attenzione è stata puntata sull’analisi dello sviluppo economico e imprenditoriale italiano e sulla tematica della formazione e dell’aggiornamento professionale continuo come chiave per mantenersi competitivi sul mercato.

Negli ultimi vent’anni in Italia non c’è stata un’idea chiara, una vera rotta da seguire per ciò che riguarda lo sviluppo economico e imprenditoriale. Si può notare però che questo avviene e sta avvenendo territorialmente, nel senso che sono le imprese, a livello territoriale, che si stanno facendo carico del peso dello sviluppo. Secondo Serafini, la vacatio di politica industriale ed energetica che l’Italia sta vivendo negli ultimi vent’anni è sotto gli occhi di tutti.

La forza dell’Italia è rappresentata dalla territorialità: HUB e distretti produttivi d’eccellenza. L’esempio dell’HUB di Napoli che rappresenta un’eccellenza a livello mondiale per la costruzione di componentistiche aerospaziali, i distretti manifatturieri come quelli della sedia o della ceramica che trascinano ancora l’economia italiana, pur avendo subito e risentito della competizione globale, la packaging valley di Bologna, la food valley della Romagna e il Cibus nel parmense, dimostrano quanto sia importante, per lo sviluppo economico e imprenditoriale italiano, la territorialià. Questi territori produttivi rappresentano concentrazioni di competenze di interesse globale.

Un altro concetto importante per imprenditori e lavoratori, protagonisti dell’impresa moderna, è la competenza.
Ogni due anni mediamente le competenze, le skills invecchiano; esistono poi attività e settori particolari, come le biotecnologia, dove le competenze e le figure professionali invecchiano ogni sei mesi. Questo meccanismo incide pericolosamente e negativamente sul replacement, alimentando la forte concorrenza globale nel mondo del lavoro.

Diventa oggi importante quindi investire risorse intellettuali, di tempo ed economiche per l’aggiornamento e una formazione continua.
Solo un costante aggiornamento professionale nel proprio settore permette di difendersi, rimanendo competitivi a livello personale nel mercato lavorativo mondiale.

Temporary Manager: l’importanza di una nuova figura professionale

Temporary_managementIl Temporary Manager, figura professionale che si sta imponendo in Europa, è il simbolo di una nuova corrente, un’innovativa cultura aziendale che può fornire nuovi impulsi alle PMI nel periodo di crisi, di sviluppo e di rinnovamento.

Il TM è un esperto qualificato di cui l’impresa può beneficiare solo per il tempo necessario a risolvere il singolo problema e gestire il cambiamento ottenendo risultati misurabili nel breve periodo.
Questi nuovi professionisti, protagonisti di questo nuovo trend, sono senior project manager, ex dirigenti e top manager.

Per Temporary Management si intende l’affidamento della gestione dell’impresa o di una parte a manager altamente qualificati, professionali e motivati al fine di garantire una continuità organizzativa, un accrescimento delle competenze manageriali esistenti o la risoluzione di situazioni critiche.
Per gestione si intende che il TM viene dotato di tutti i potere e deleghe del caso, indispensabili per svolgere il proprio lavoro in autonomia.
Il Temporary Manager può essere considerato come una “terza via”, che svolge un ruolo che si differenzia sia dalla classica consulenza, sia dalla dirigenza tradizionale; il TM rappresenta uno “strumento”, un soggetto utile per le aziende per migliorare le performance, la gestione, risolvere crisi interne; per gestire un cambiamento strategico, per lanciare nuove attività all’estero o per formare nuovi profili manageriali interni all’azienda.

Lo studio Serafini è specializzato nell’attività di Temporary Management, intesa come concetto di spot consulting, e si presenta come un interlocutore ideale per affiancare e gestire in modo professionale specifiche situazioni, criticità ed esigenze delle imprese.

Per comprendere meglio quanto sia attuale e importante la figura del temporary management seguirà una breve descrizioni dei casi emblematici dove l’intervento di un TM risulta particolarmente utile e indicato.

Nel caso in cui un’azienda si trovi a dover gestire una transizione, per esempio le dimissioni improvvise di un dirigente, per garantire continuità funzionale dell’impresa in situazioni di emergenza temporale diventa fondamentale la figura professionale del Temporary Manager.

L’intervento del TM risulta determinante anche per l’individuazione di un progetto o di un programma innovativo e complesso per il quale una aziende non può utilizzare risorse interne per motivi di tempo e/o competenze.

Ci si avvale del lavoro del TM anche per approcciarsi verso mercati esteri, per intraprendere operazioni tipo export e internazionalizzazione, attività per le quali servono professionalità e competenze specifiche.

Il TM può essere chiamato per seguire la ristrutturazione dell’assetto aziendale o la gestione di una criticità interna.

Il Temporary Manager gestisce il passaggio generazionale all’interno dell’azienda: si occupa di formazione e coaching della nuova forza manageriale, adottando una formazione manageriale on the job.

Il TM può essere indispensabile in situazione di mergers and aquisition o nella creazione di una Start Up, quando occorre rapidità nell’organizzazione e nella strutturazione aziendale.

Nel caso di un’azienda esistente e strutturata può essere utile, il TM, per apportare nuove competenze, stabilizzare l’assetto, per creare le basi per una crescita e migliorare le performance aziendali.

Il Temporary Manager può aiutare a costruire, creare e gestire Reti di Imprese, nate e costituite per perseguire obiettivi specifici: l’internazionalizzazione, per esempio.

Giovani, tecnologia e interconnessione: Serafini interviene a “Ping Pong”

articolo giovaniIl mondo gira, muta velocemente, si evolve.

La rapidità dello sviluppo e della diffusione tecnologica, un’interconnessione sempre più massiccia supportano la globalizzazione economica e l’internazionalizzazione: nuove visioni economiche che spostano il baricentro del mercato, incidendo anche sullo sviluppo demografico.

È sicuramente vero che nel mondo globalizzato e altamente interconnesso di oggi è importantissimo muoversi, spostarsi, inseguire opportunità e non fermarsi.
Però questo nuovo stile di vita e modello lavorativo non deve diventare una prassi obbligata, ma rimanere una scelta, una opportunità e non un esigenza.

In Italia perdiamo molti giovani che si spostano, scelgono altri paesi, altri contesti, attratti da una minore burocratizzazione e una maggiore offerta; opportunità di futuro e di realizzazione quanto meno apparenti.

I giovani inseguono paesi più dinamici e nettamente più attrattivi!

La domanda che si pongono i “decisori”  è se i giovani siano realmente costretti a cercare fortuna e lavoro all’estero.
La risposta cruda e realistica è che la situazione economica, lavorativa e burocratica italiana spinge inevitabilmente i giovani verso altri paesi e altri orizzonti.

I giovani italiani, preparati, ambiziosi, motivati e creativi, prendono iniziativa e carichi di speranze vanno all’estero, dove spesso riescono a realizzarsi e ad avere successo.

Diventa importante fare qualcosa per arginare questa dispersione di cultura e di forze fresche.
Risulta fondamentale mobilitarsi, creare contromisure serie ed efficaci, proposte, progetti, offerte e opportunità per evitare la “fuga dei cervelli”.

Questo è un concetto che appare strettamente legato anche a temi economici quali l’Internazionalizzazione e la delocalizzazione.
Queste strategie economiche stanno diventando necessarie nel contesto economico globale.
È però importante riflettere, non tanto sul perché si investa all’estero, ma su come riuscire ad attirare capitali d’investimento in Italia.
Questa diventa oggi la sfida con cui misurarsi, l’obiettivo principale di manager, imprenditori e dell’Impresa Italia.

Tornare ad essere attrattivi e interessanti è un modo per crescere economicamente e per offrire un futuro e delle opportunità ambiziose ai giovani.